i Mambonauti alla scoperta del Mozambico

Inserito in Diari di viaggio | lunedì 18 ottobre 1999 | |

Marco a Nova Mambone, Mozambico 1999

Diventare grandi mai, non serve a niente sai.
Continua a crescere più che puoi e non fermarti mai.
E continua a giocare, a sognare, a lottare.
Non ti accontentare di seguire le stanche regole del branco, ma continua a scegliere in ogni momento.
Perchè vedi l’avere ragione non è un dogma statico, una religione, ma è seguire la dinamica della storia e mettersi sempre in discussione.
Perchè sai non basta scegliere d’avere un’idea giusta, assumerne il linguaggio ed il comportamento, poi dormire dentro.
E il tuo dovere è di migliorarti, di stare bene, di realizzarti:
cerca di essere il meglio che ti riesce per darti agli altri.
E a ognuno secondo il suo bisogno, e da a ognuno secondo le sue capacità,
e anche se oggi potrà sembrare un sogno da domani può essere la realtà,
da domani deve essere la realtà.

(Eugenio Finardi)

Ho voluto iniziare questo diario con il testo di questa canzone che illustra uno stile di vita nel quale cerco, con molta difficoltà, di immedesimarmi; sono parole che si adattano a tutti: laici e credenti.

Il mio auspicio è che l’esperienza che mi accingo a raccontare, possa aver rafforzato in tutti i partecipanti quei sentimenti così magistralmente interpretati.

Marco

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28 FEBBRAIO

Viene formato il gruppo: siamo Daniela, Elena, Monica, Giuseppe, Michele, ed io (Marco), con la supervisione di Rosalba e Nuccio nelle vesti d’animatori. Per meglio caratterizzarci decidiamo di chiamarci “Mambonauti” e da questo momento cominciamo a conoscerci ed ad organizzare le iniziative per la raccolta dei fondi da destinare come finanziamento al progetto. Cammin facendo Daniela e Michele devono, per problemi familiari, rinunciare al viaggio. Siamo oramai pronti a partire in quattro, ma all’ultimo momento, da buon attore entra in scena Nuccio: con nostra grande gioia partirà con noi. Da questo momento inizia questa nostra grande avventura.

31 LUGLIO

Arrivo alla Malpensa con un larghissimo anticipo, in queste occasioni ho sempre paura di fare tardi, penso a quanti e quali imprevisti potrei affrontare; ma stavolta ho preso tante di quelle precauzioni che sarei potuto arrivare anche a piedi! Ho proprio bisogno di Africa e dei suoi ritmi compassati.

Mi aggiro sperduto nel grande salone ed attendo fiducioso di vedere qualche faccia nota; più tardi arriva Padre Antonio, fa parte del gruppo di Maputo, e farà il viaggio con noi. Pian piano arrivano tutti gli altri partenti, un gran numero di amici dell’associazione, Daniela e Michele, sono i grandi assenti. Espletiamo le formalità, salutiamo tutti e ci imbarchiamo sul volo “Air France” alla volta di Parigi. Sono un poco preoccupato (strano, ndr) nella capitale francese abbiamo pochi minuti per la coincidenza: speriamo non vi siano problemi, di sicuro ci aspetterà una bella corsa.

Giusto per placare la mia ansia, partiamo con un discreto ritardo, altro che corsa ci toccherà correre una finale olimpica! Non appena l’aereo si ferma ci fanno scendere di corsa e veniamo letteralmente prelevati da una solerte impiegata della compagnia, che ci carica su un pulmino e parte a tutta velocità verso il Terminal. Saltiamo quasi tutte le procedure, ci imbarchiamo e partiamo immediatamente e via alla volta di Johannesbourg (Sud Africa), la nostra prossima tappa.

Esaurite le preoccupazioni per le persone, cominciamo a pensare ai bagagli: saranno riusciti a caricarli in tempo? Lo scopriremo tra 10 ore. L’aereo è un magnifico Airbus modernissimo, ogni poltrona ha un piccolo schermo multifunzione e cominciamo a trastullarci con tutti i bottoni. Verso mezzanotte ci viene servita la cena e finalmente possiamo rilassarci un poco tentando di dormire.

1 AGOSTO

Dopo una notte trascorsa alla meno peggio ed un’abbondante colazione, atterriamo a Johannesbourg. Mentre l’aereo fa le sue evoluzioni ho modo di ammirare i contrasti di questo paese: in lontananza si vedono dei grattacieli modernissimi, mentre in periferia ci sono delle grandi baraccopoli ed anche la struttura che ci accoglie è modernissima e ridondante di luci e marmi.
Poco dopo incontriamo un piccolo problema, per ritirare i nostri bagagli dobbiamo superare la dogana, ma non abbiamo il visto sul passaporto e non vi è modo di convincere gli inflessibili funzionari. Giuseppe, forte della sua esperienza in fatto di viaggi, comincia a “tampinare” tutti gli impiegati che capitano a tiro. Finalmente un addetto dell’Air France, probabilmente sull’orlo di una crisi di nervi, si impegna a ritirare le nostre valige, pare tutto risolto e tiriamo un sospiro di sollievo. Ma è solo un’illusione, poco dopo apprendiamo che ci sono solo 10 borse ne manca una!

Giuseppe compila la denuncia per lo smarrimento, riesce a passare la barriera doganale salvo poi scoprire che la sua valigia è tra quelle arrivate. Tentiamo di passare anche noi per vedere a chi appartiene ” la pecorella smarrita, ma l’impiegato è irremovibile, pur con parole garbate ci dice di arrangiarci e non possiamo fare più nulla fino a Maputo la nostra prossima tappa.

BENVENUTI IN AFRICA!

Improvvisiamo un giochino: il “TOTOVALIGIA” chi indovina il nome dello sfortunato vince un salame; a stragrande maggioranza viene indicato Nuccio, ma in cuor mio non mi sento tranquillo ed ho uno strano presentimento. Ci imbarchiamo su un volo della compagnia aerea sudafricana, e dopo circa un’ora, atterriamo nel Mozambico. Finalmente!

Mentre attendiamo i bagagli ognuno fa pensieri e gesti più o meno scaramantici fra poco avremo il verdetto. Dopo pochi minuti scopriamo che la maggioranza ha sempre ragione,..lo sfortunato è Nuccio!!! Ma le sorprese non sono finite anche ad Ornella, una componente l’altro gruppo, manca un bagaglio; pazienza sono gli inconvenienti delle partenze nei giorni critici.

Sto ragionando in questo modo soltanto perchè non sono le mie valigie quelle mancanti, conoscendomi se fossi nella loro posizione non sarei così serafico. Troppo facile fare i filosofi sui problemi degli altri!

Nel frattempo incontriamo padre Rusconi che seguirà il gruppo che rimarrà a Maputo e padre Elio il superiore regionale dei Missionari della Consolata, sarà la nostra guida fino a Nuova Mambone. Salutiamo i nostri amici e partiamo alla volta della casa che ci ospiterà, nel frattempo chiediamo al Padre a che ora è prevista la partenza per Nova Mambone ed egli, tra il serio ed il faceto, ci dice alle 3,30 di mattina !!! Rimango un poco sconcertato, siamo stanchissimi: solo il pensiero di una “levataccia” mi spaventa.

DISPONIBILITA’ ed ADATTABILITA’
Sono le parole d’ordine di Africa Oggi,. ma che fatica!

Lungo il percorso rivedo lo stridente contrasto tipico delle capitali di questi paesi: palazzi moderni e “bidonville” con le fogne a cielo aperto; tutti più o meno abbiamo visto situazioni analoghe, tranne Elena che rimane un poco sconcertata. Appena arrivati ci ristoriamo con un rapido pranzo/merenda e nel frattempo conosciamo gli abitanti: oltre a padre Elio brasiliano, padre Tavares portoghese e fratel Carlos anche lui brasiliano.

Dopo cena ci avventuriamo fuori per un rapido giro, la zona è piuttosto centrale e non vi dovrebbero essere dei problemi, ma non siamo tranquilli e rientriamo presto in casa. La perdita della valigia ha comportato un fatto positivo: la partenza è rinviata, domani approfondiremo le ricerche, se non altro possiamo rilassarci un poco.

2 AGOSTO

Ci svegliamo ben riposati, approfittiamo della mattinata per cambiare i nostri dollari nella moneta locale: il Meticail, per la cronaca 100 di questi valgono 7 delle nostre Lire. Decidiamo di istituire una cassa comune per le spese ed incarichiamo Elena di gestirla.

Più tardi usciamo per telefonare a casa e dare notizie. Appena usciti dalla sede della società dei telefoni vediamo p. Elio e Giuseppe correre verso la macchina: dei ladri stavano forzando la serratura ancora pochi istanti e non avremmo più trovato la radio. Proseguiamo comunque il nostro giro e ci fermiamo al mercato generale, ma non siamo più tranquilli: Nuccio ed io ci fermiamo di guardia.

Dopo pranzo apprendiamo che è arrivata la valigia, se la era solo presa comoda; Nuccio va subito a recuperarla, siamo tutti più contenti parafrasando un poco potremmo dire che: “si fa più festa tra i campisti per la valigia ritrovata più che per le altre 10 più fedeli,”

Esaurite le feste andiamo verso la parrocchia di Machava a salutare l’altro gruppo. Per ironia della sorte essi avevano la nostra identica idea e non li abbiamo trovati subito. Approfittiamo del tempo per visitare la sede di “Radio Maria” è una struttura molto semplice ma gestita da ragazzi giovani e pieni d’entusiasmo.

Nel frattempo tornano gli amici, li salutiamo ed approfondiamo la conoscenza con il padre: dalla prima impressione sembra essere una persona piena di energia e di iniziative, decisamente un po’ speciale.

Rientrati a casa possiamo gustare un‘ottima cena, la cuoca e davvero brava; al termine, complice la grappa arrivata dall’Italia, “lo spirito aleggia abbondante sulla stanza” ed intavoliamo con p. Tavares una lunga ed interessante chiacchierata sul Mozambico, sui suoi problemi politici e sulle prospettive future.

Preleviamo dalla nostra scorta un salame: è il premio per il “TOTOVALIGIA“, lo hanno vinto gli amici di Machava indicando all’unanimità Nuccio.

Andiamo a letto presto domani si farà il grande viaggio: ci sveglieremo ad ore antelucane per noi occidentali troppo abituati alla vita agiata.

3 AGOSTO

Ci svegliamo alle 5, come degli “Zoombie” ci vestiamo e partiamo rapidamente, quasi in orario, il famoso “African time” non fa ancora effetto su di noi; meglio così, i chilometri da fare sono tanti, più di 800, prima si parte meglio è. Appena usciti dalla città possiamo ammirare una splendida alba: è uno spettacolo che mi emoziona ogni volta di più! La macchina con la quale viaggiamo è molto carica ed uno di noi a turno deve viaggiare tra i bagagli, per fortuna che la polizia locale non bada molto a queste cose; primo turno spetta a Nuccio ma ci sarà tempo per tutti.

Procediamo veloci concedendoci qualche rapida sosta per la colazione, per acquistare frutta dalle bancarelle lungo la strada o per inderogabili funzioni fisiologiche, anche se la possibile presenza di mine sconsiglia di allontanarsi dalla strada.

La strada è monotona: una lunga linea retta che si perde fino all’orizzonte, mentre il paesaggio circostante è costituito da piccoli villaggi tra piantagioni di cocco e manioca. Durante il mio turno di viaggio tra i bagagli devo rannicchiarmi in una strana posizione, sembro quello della pubblicità che fa lo yoga in macchina; ne approfitto comunque per un bel “pisolino” perciò vi è un “black out” di informazioni.

A mezzogiorno ci fermiamo nella missione di Mazzinga dove ci aspettano per il pranzo. Veniamo accolti da Guillerme (non so se si scrive così) un diacono colombiano che presta lì il suo servizio, ci fa accomodare e consumiamo un lauto pasto compreso una bellissima papaia.

Debbo svelare un piccolo particolare che avevo tralasciato in precedenza: durante il primo pasto ci avevano servito la papaia ed il su gusto non aveva incontrato il favore di Elena, p. Elio se era accorto e da allora non perde occasione di fargli assaggiare questi frutti; poveretta è quasi alla disperazione! Giusto il tempo di un caffè e di una fotografia e ripartiamo rapidamente la strada è ancora lunga.

Dopo circa 2 ore nuova sosta: siamo nella missione di Maphiniane, salutiamo le suore e fratel Giuseppe che si occupa della falegnameria, ci offrono il caffè e,”via di nuovo verso il sole” (omaggio a De Andrè) concedetemi la licenza poetica, in realtà andiamo a nord.

Ora il paesaggio è cambiato: vediamo vaste zone allagate, ed anche dei villaggi sono coperti dalle acque, è il risultato delle anomale piogge di gennaio. Mi viene da pensare subito alla popolazione: ha già così pochi problemi da affrontare!

Altra sosta a Maimelane, salutiamo le suore e via, il tempo stringe e il buio incombe. Dopo poco ed arriviamo ad un bivio: abbandoniamo la strada nazionale asfaltata, ancora 40 Km e saremo arrivati! Mentre ci avviciniamo rimuginiamo uno strano pensiero: come mai tutti appena sanno che andiamo a Nova Mambone si mettono ridere? Ed alle nostre domande ci danno delle risposte evasive? Speriamo di scoprirlo presto. Dopo circa un‘ora di sballottamento, specialmente di Monica che viaggia nella parte posteriore, arriviamo alla missione, esausti dopo circa 16 ore di viaggio.

Siamo subito accolti dal Padre Amadio Marchiol e fratel Pietro che ci mostrano i nostri alloggi, le “ragazze” dormono al piano terreno, Nuccio e Giuseppe 1° piano ed io ho una magnifica “suite” con terrazza.

Scendiamo rapidamente, la cena ci aspetta! siamo tutti affamati. Come primo vi è minestrone!!! Storco un attimo la bocca, ma se volevo mangiare quello che mi gusta bastava andare a Rimini al Grand Hotel e non fare tutta quella strada!

ADATTABILITA’ e DISPONIBILITA’

In compenso ci servono dei gamberi pescati da poco e gustosissimi, una vera leccornia, senza alcun ritegno ne divoriamo una gran quantità; possiamo gustare anche molti tipi di frutti tropicali: ananas, mandarini, banane ma, per la gioia di Elena, niente papaie. Mentre assaporiamo la grappa approfondiamo la conoscenza dei padri e gli strani convincimenti che ci eravamo creati strada facendo svaniscono subito.

Purtroppo è tardi i padroni di casa si congedano e vanno a dormire; ne approfittiamo per fare 4 chiacchiere e per scambiarci le impressioni di questi primi giorni. I molti caffè bevuti per dovere di ospitalità hanno su di me un effetto deleterio: passo lunghe ore con gli occhi sbarrati a guardare il soffitto.

4 AGOSTO

Mi sveglio prestissimo, mancano le tende alla finestra e la prima luce mi impedisce di dormire, mi viene da pensare all’albergo di Rimini della sera prima, ma convengo che tutto sommato è sempre meglio il luogo dove mi trovo. Ci ritroviamo quasi tutti ben prima dell’ora che ci eravamo prefissati, la curiosità è tanta, ne approfittiamo per fare un rapido giro nel giardino: vi sono molte piante da frutto e fiori bellissimi.

Dopo colazione salutiamo p. Elio deve ripartire per Maputo, è un vero peccato: tutte le persone del gruppo sono attratte dalla sua personalità e simpatia, e dobbiamo anche ringraziarlo, ci ha fatto un grosso favore accompagnandoci fin qui. Esauriti i saluti tutti sul cassone del pick up e via: verso una comunità poco distante.

Non è la prima volta che viaggiamo in questo modo in Africa, è una consuetudine, di conseguenza conosciamo tutti i trucchi; dopo poco vedo un ramo particolarmente basso, do l’avviso ed istintivamente ci abbassiamo tranne Elena che si è distratta e viene colpita dal ramo, per fortuna non è grande e non causa problema.

Giungiamo in un villaggio chiamato Chimunda, anche se questo termine (villaggio) è improprio: infatti, ogni famiglia si costruisce la propria capanna nei pressi del campo da coltivare. Ci fermiamo davanti alla piccola chiesa da poco ultimata, i membri della comunità stanno ancora lavorando per sistemare la parte esterna.

Ci accolgono festosamente con canti ad alte grida e si accalcano per stringerci la mano. Esauriti i festeggiamenti cominciamo subito il lavoro: dobbiamo tagliare i rami di un grosso albero che ingombra il passaggio. All’inizio siamo un poco impacciati ma il padre, mostrando una forza ed un’agilità sorprendenti ci mostra come fare e pian piano cominciamo a prendere confidenza con il “machete” e l’ascia.

Verso le 11.30 veniamo presentati agli anziani del villaggio (le massime autorità secondo la tradizione) ed assistiamo ad un’estenuante e complessa trattativa del padre che vuole ottenere l’uso di un terreno adiacente la chiesa per la realizzazione di un campo di calcio.

Nel pomeriggio visitiamo bene la missione e tutte le sue attività: la segheria, la falegnameria, l’officina meccanica regno di Fr. Pietro e la piccola sartoria; sono tutti ambienti ben attrezzati nei quali ferve un’intensa attività. Visitiamo il grande orto con moltissime specie di verdura, il bananeto e l’immensa piantagione di cocchi.

Da quel poco che ho capito tutte le attività della missione sono gestite dalle persone del posto, in tal modo il padre ha più tempo a disposizione per occuparsi delle comunità cristiane sparse nel territorio. Proseguendo nel nostro ” tour” entriamo in una casa tipica della zona: è in paglia e fango, ma l’interno è strutturato su più stanze, ognuna con una sua specifica funzione.

Al termine del pomeriggio facciamo conoscenza con la comunità delle suore: fanno parte dell’ordine delle “Pallottine”, sono qui da circa 15 mesi e stanno cominciando a svolgere la loro attività nella scuola, nella catechesi e gestiscono un piccolo dispensario. Prima di rientrare in missione ci fermiamo sotto il grande albero nel cortile della scuola elementare ed ascoltiamo i primi racconti sulle avventure di caccia all’ippopotamo del padre.

Prima di cena Monica, nella sua veste di “leader” del gruppo, consegna ufficialmente i 7.500.000 di lire, frutto dei nostri sacrifici e della generosità di molti. Grande è stata la nostra sorpresa nel vedere lo sconcerto del padre, non se li aspettava. E’ la prima volta che un gruppo di Africa Oggi arriva nella missione e di conseguenza il padre non conosce il nostro “modus operandi” ed a causa dei molteplici impegni non avrà letto attentamente la documentazione inviatagli.

Più tardi comodamente seduti in veranda apprendiamo i dettagli dei lavori che dovremo svolgere: il programma del padre prevede che si seguano la costruzione di due centri comunitari, si sistemi la dispensa in cucina, si organizzi un giro di visite alle persone più povere per la distribuzione di vestiti ed infine dobbiamo coordinare il progetto per l’assistenza ai colpiti dall’alluvione. Sono un poco perplesso mi domando come faremo a fare tutto?

Particolarmente apprezzabile è il progetto di assistenza ai colpiti dall’alluvione: è stato concepito da un consiglio di anziani delle varie comunità ed è stato finanziato dalla Caritas spagnola. Come prima misura urgente è stata organizzata una distribuzione di sementi per ortaggi affinchè, la gente possa avere qualcosa da mangiare in sostituzione dei raccolti andati distrutti.

Dopo i responsabili delle varie comunità eseguiranno un censimento delle case distrutte, segnaleranno le necessità di coloro che non sono in grado di ricostruirsi la propria abitazione. Una volta stabilito l’elenco delle priorità, i vari gruppi si organizzeranno per ricostruire le case utilizzano i materiali forniti dagli spagnoli (cemento e lamiere zincate), il tutto sotto lo stretto controllo degli anziani che vigileranno affinchè non vengano commessi abusi. (mentre trascrivo questi avvenimenti apprendo dei container destinati al Kossovo abbandonati sui moli di Bari e mi viene da chiedere chi sono i civili e chi i “selvaggi”, spero vogliate perdonare il mio sarcasmo)

Andiamo a letto presto da domani si lavora e ci si alza all’alba.

5 AGOSTO

Alle 6,30 suona la sveglia ci sembra prestissimo, ma in tutta la missione già vi è una febbrile attività. Sono molto assonnato: ho trascorso gran parte della notte a litigare con una o più zanzare; probabilmente siamo coinquilini e sono euforiche, convinte come sono che la direzione della missione abbia fornito loro la cena in camera. Questa sera monterò la zanzariera così impareranno a comportarsi educatamente con gli ospiti! Giusto il tempo di una rapida colazione e poi partiamo: questa mattina visiteremo i cantieri.

La prima tappa è nella cittadina di Nova Mambone: visitiamo la cattedrale, e proprio sulla soglia ci viene indicato il luogo dove fu ucciso un giovane catecumeno nel periodo di guerra; facciamo una visita di cortesia all’ordine costituito (i poliziotti della locale stazione) e ripartiamo. La cittadina è piuttosto malridotta, le strade sono piene di buche e le case necessitano di un’energica manutenzione. Usciti dal centro abitato percorriamo pochi chilometri e giungiamo a Matasse dove sta sorgendo una delle nuove costruzioni. Qui possiamo ammirare l’organizzazione “dell’Impresa Marchiol”: tutti i materiali e le attrezzature sono custodite in un grande carro facilmente trasportabile, in maniera tale da poter aprire ovunque dei cantieri attrezzati di tutto punto.

Ci mettiamo anche noi al lavoro: gli uomini a posare i mattoni e le “ragazze” fanno la spola fino al pozzo per trasportare acqua; ben presto sono accompagnate da un nugolo di bambini festanti.

Dopo circa un‘ora interrompiamo il lavoro e partiamo alla volta di Matique, dove sta sorgendo una costruzione gemella. Anche qui i lavori sono a buon punto, anzi il padre fa in modo che si crei una sana competizione tra le due comunità: così facendo i lavori procedono più rapidamente.

Rientriamo alla missione verso le 12,30, particolarmente affamati e sul tavolo troviamo una bella zuppiera di, minestrone; pazienza oramai sono quasi rassegnato. Dopo il giusto riposo ci rechiamo in officina: sotto la supervisione di p. Amadio prepariamo i lunghi pali che serviranno da sostegno per il tetto…

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